Zebedeo nasconde il testamento di Basilio, suo fratello maggiore defunto, per mantenere allinterno della sua famiglia leredità che spetterebbe al piccolo nipote Salvatore, figlio illegittimo del fratello. Però Zebedeo non riuscirà mai a liberarsi del senso di colpa per il misfatto compiuto. Incontrerà, in seguito, Lia, la madre di Salvatore e ex-amante del fratello, offrendosi di sostenere economicamente lei ed il figlio, ma non confesserà mai il suo crimine.
La narrativa della Deledda si basa su forti vicende damore, di dolore e di morte sulle quali aleggia il senso del peccato, della colpa, e la coscienza di una inevitabile fatalità. È stata ipotizzata una somiglianza con il verismo di Giovanni Verga ma, a volte, anche con il decadentismo di Gabriele DAnnunzio, oltre alla scrittura di Lev Nikolaevic Tolstoj e di Honoré de Balzac di cui tra laltro la Deledda tradusse in italiano lEugenia Grandet. Tuttavia la Deledda esprime una scrittura personale che affonda le sue radici nella conoscenza della cultura e della tradizione sarda, in particolare della Barbagia.
Maria Grazia Cosima Deledda è nata a Nuoro, penultima di sei figli, in una famiglia benestante, il 27 settembre 1871. E’ stata la seconda donna a vincere il Premio Nobel per la letteratura, nel 1926. Morirà a Roma, alletà di 64 anni, il 15 agosto 1936.
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